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Danilo Vassura: intervista al guardiaparco

Danilo Vassura

1 Juli 2025

Abbiamo intervistato il guardiaparco e Responsabile della vigilanza Danilo Vassura, l’ultimo giorno prima della pensione.

Danilo, il tuo ruolo recita “Guardiaparco e Responsabile settore Vigilanza”: che cosa vuol dire?

Il lavoro del guardiaparco nelle Aree Protette si articola in tre grandi settori. C’è il settore della vigilanza, ovvero di polizia amministrativa e giudiziaria; il settore tecnico-ambientale, che comprende i censimenti delle specie, i contenimenti con cattura e a volte abbattimento di esemplari, e il supporto al lavoro di professionisti incaricati; c’è il settore culturale e promozionale che comporta le visite guidate, gli incontri nelle scuole, la creazione di materiali promozionali e molto altro ancora. Infine, in casi particolari, c’è anche il supporto alle squadre di manutenzione. Tutto questo, che è il lavoro del guardiaparco, è organizzato e coordinato dal Responsabile della Vigilanza.

Quello di guardiaparco è stato il tuo primo lavoro?

No. Sono diventato guardiaparco per caso, da vigile urbano, quando non distinguevo un merlo da un tucano. L’esperienza di vigile urbano mi ha aiutato nella parte di vigilanza del mio lavoro, ma ammetto che anche gli studi di filosofia sono stati importanti per la mia carriera.

Filosofia? Questa ce la devi spiegare…

Si tratta di studi universitari che ho affrontato già in età adulta, attorno ai quarant’anni, e che sono stati la chiave per comprendere le dinamiche dei processi dell’attività umana, come ad esempio l’applicazione delle regole e il rapporto quotidiano con gli utenti.

Raccontaci la parte più divertente e quella più difficile del tuo lavoro.

La parte più divertente è accompagnare e spiegare la natura e il territorio alle persone, adulti e bambini. La più complessa è invece l’applicazione corretta delle norme di polizia, che sono complicate, a volte contraddittorie o soggette a continui aggiornamenti. Se invece con “difficile” intendi “pesante”, allora è dover abbattere gli animali quando necessario.

L’Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore, per cui hai lavorato, è una realtà molto grande e articolata.

La “mia” area, quella in cui sono nato e cresciuto come guardiaparco, è la Riserva del Fondo Toce, che comprende l’ultimo tratto del fiume Toce e parte della sua piana alluvionale: un territorio affascinante tra terra e acqua; sommerso in primavera e autunno e asciutto nel resto dell’anno. Con la riserva ho un legame particolare, che si è formato e consolidato nel corso degli anni.

Il tuo amore per questa terra è evidente da come ne parli nel documentario “La natura dell’acqua” di Marco Tessaro, nell’intervista in cui ricordi la piena del 2020…

È difficile da raccontare. Sul Lago Maggiore, che è un lago prealpino e quindi con sponde ghiaiose, le spiagge di sabbia sono rare e si formano solo dove un fiume, come il fiume Toce, trasporta dei sedimenti; qui nel golfo le poche spiagge di sabbia sono occupate da canneti o campeggi, tranne quella che era nota come la Spiaggia Vecchia o Spiaggetta, un piccolo lembo di costa di libero accesso separato dalla strada, a circa trecento metri, grazie a un prato naturale di erba verde e un fitto bosco di ontani, pioppi e salici.
La Spiaggetta era isolata, raccolta, nascosta. D’estate e d’inverno più ampia, nel resto dell’anno sommersa dalle piene del fiume. Era il “nostro” angolo di paradiso, dove portavamo le persone durante tutte le visite guidate e che difendevamo strenuamente da ogni abuso. Per me era davvero un “luogo del cuore” anche perché quando ho condotto lì per la prima volta una scuola, una scuola materna, non ho potuto fare a mano di notare la coordinatrice, un’insegnante molto preparata, molto gentile, molto carina… che poi ho sposato.

Un vero luogo del cuore! Che cosa è successo?

Nella notte fra il 3 e il 4 ottobre c’è stata una piena straordinaria del fiume Toce, con l’arrivo di una quantità di acqua mai vista in tempi brevissimi. Nonostante fosse ottobre, inoltre, il lago era basso e pertanto non ha opposto resistenza al fiume; il risultato è che la Spiaggetta, assieme al prato e ad alcuni ettari di bosco, è stata spazzata via dall’acqua.
Ricordo che il mattino dopo camminavo incredulo, ho fatto fatica a capire dove mi trovavo. Dalla strada andavo verso il bosco e all’improvviso trovavo l’acqua del fiume, della Spiaggetta non era rimasto nulla. Quel giorno ho visto gente che piangeva e ammetto che, dentro di me, ho pianto anche io.

La professione di guardiaparco ti porta a contatto con la forza della natura, ma anche con la natura in rapporto con l’uomo, e viceversa.

I miei più grandi amici sono i bambini, gli animali e le persone sensibili: quelli che, con la loro presenza, inducono comportamenti virtuosi. Sono invece nemici le persone insensibili all’ambiente o, peggio, gli sfruttatori, quelli che vedono la natura in funzione di un vantaggio o svantaggio proprio.

Danilo, dalle tue parole capiamo che il tuo contributo non finirà con la pensione…

Non so ancora cosa farò di preciso, ma spero di poter continuare a dare una mano ai colleghi in qualche modo.

Vuoi dare un consiglio a un guardiaparco che inizierà la sua carriera domani?

Fai pure tante cose diverse, ma fanne una alla volta.

Un’ultima domanda: che cosa ti auguri per il futuro della tua professione?

Vorrei che le Regioni tornassero a considerare il guardiaparco come figura centrale nella tutela ambientale. Quella del guardiaparco è una professione anomala: non sei un poliziotto ma hai compiti di polizia, non sei un insegnante ma lavori con e nelle scuole, non sei uno scienziato ma collabori attivamente con chi si occupa di scienza e biodiversità. Forse è proprio in questa anomalia, in questa sua versatilità, che risiede la sua forza.

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